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Mazzè, terra senza tempo....
a cura della Pro Loco Mazzè
Storia, Cultura e Tradizione Canavesana. Terra calpestata nei secoli dai calzari degli antichi pellegrini che percorrevano la via verso Roma, dagli stivali polverosi dei viaggiatori del settecento ed ottocento che vi stabilirono le loro dimore, da pneumatici delle auto di moderni turisti in cerca di paesaggi e sapori genuini.Terra che reca ancora le tracce delle antiche miniere d'oro dei Salassi e del passaggio dei conquistatori romani; terra che conserva l'atmosfera austera del medioevo e quella romantica e un pò decadente dell'ottocento; terra che presenta i segni del progresso e dell'industrializzazione del novecento. Queste pagine sono dedicate a tutti coloro che non conoscono la nostra terra, perchè posano scoprirla ed apprezzarla come merita, ma sono dedicate anche a coloro che sono nati e vivono su questa terra, perché possano conoscerla ed amarla ancora di più. Disponibile versando un contributo di stampa di 5 euro |
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Mazzè - Memorie
della mia terra di
Francesco Mondino
Francesco Mondino fu non soltanto una figura
prettamente canavesana, bensì un cultore delle radici della propria
gente. Amava la sua Mazzè come una seconda madre ed è ad essa che
dedicò, come un figlio affettuoso, l’opera “Memorie della mia terra”.
Una pubblicazione che quando vide al luce nel 1978 giunse a colmare
un’annosa lacuna sulle vicende storiche mazzediesi. Prima d’allora ben
poco era stato detto su quell’angolo pittoresco del Canavese, baciato
dalla Dora, se non le poche notizie raccolte dal Casalis nel suo
“Dizionario geografico degli Stati Sardi” nei lontani anni 1833-56 o la
ventina di pagine apparse sulle “Passeggiate nel Canavese”, nel 1868,
del lombardorese Antonino Bertolotti e recentemente le scarne
dissertazioni di Giuseppe Maria Musso in “Invito al Canavese”. Francesco
Mondino volle e seppe invece scavare nei più celati archivi e riportare
alla luce, con prosa semplice e chiara, senza spocchia, le vicende della
sua terra natale, dando ad esse un significato, un colorito particolare
che solo l’animo di un poeta può sentire e far rivivere. Favorito da una
trentennale attività al servizio del Comune di Mazzè, che gli consentiva
di accedere ai polverosi archivi e, sorretto da una volontà ferrea,
riusciva a raccogliere in 400 pagine quanto di più caro gli stesse a
cuore : le radici avite, le condizioni sociali attraverso i secoli, le
cronache di guerra e di pace, gli aspetti del paesaggio, i profili della
sua gente, l’aneddotica curiosa. Con l’ausilio poi del pittore Aldo
Actis Caporale , suo vecchio amico, le pagine acquistarono subito una
bellezza inconsueta e vennero alla luce quadretti e scorci imprevedibili
della Mazzè agreste e artistica. Io l’ebbi quale amico nella comune
ambizione di onorare “questo verde Canavese”, lui sempre generoso e
pronto qualora si trattasse di accorrere ad una manifestazione
culturale, di accompagnare una comitiva in visita ai castelli
mazzediesi, di redigere un articolo per l’almanacco “Il Canavesano” o
per il settimanale “Il Canavese” e soprattutto di collaborare con gli
studenti di qualsiasi classe, mettendo a disposizione per le loro
ricerche il materiale che possedeva, od anche di sistemare un archivio
di qualche lontano paese. Con lui se n’è andata una vita integerrima,
lasciando un grande vuoto, Lui che, privato dei genitori in tenera età,
seppe ricostruire una casa, una famiglia e che in una delle sue poesie
scrisse: “Ciò che vale nel mio io son nell’ore di preghiera i colloqui
col mio Dio” |
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Cenni storici sull'architettura sacra in Mazzè
L’ULTIMA FATICA DI FRANCESCO MONDINO E’ PER IL SUO PAESE: MAZZE’
Vi sono autori che hanno il dono della modestia innata e questa loro
qualità traspare persino nei titoli delle loro opere.
L’ultima fatica di Francesco Mondino si presenta infatti semplicemente
così: “Cenni storici sull’architettura sacra in Mazzè”,
ma quando questi “Cenni” occupano circa 180 pagine di un bel volume è
lecito chiedersi se non ci troviamo di fronte piuttosto ad un’opera
compiutissima, anziché ad un modesto “Contributo alla conoscenza
dell’aspetto religioso” come suona invece il sottotitolo. L’analisi che
il Mondino opera sulla Chiesa Parrocchiale del SS. Gervasio e Protasio
risulta già di per sé un saggio più che esauriente, anzi si può
ovviamente affermare che mai edificio religioso d’una località
canavesana ebbe così ampio ed approfondito discorso. E tanti sono gli
elementi nuovi, gli avvenimenti curiosi, tratti da antiche radici ed
esposti con chiarezza, che la lettura diventa avvincente e suggestiva.
Anche la descrizione artistica si avvale di un sicuro intuito estetico e
di una profonda conoscenza storica. |
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CONTRIBUTI ALLA STORIA ANTICA DI MAZZE’ E DEL CANAVESE Saggio storico di G. Cavaglià Associazione Culturale F. Mondino – anno 1987 – pagine 59 Il volumetto del professor Cavaglià, pur nella sua specificità, tratta per la prima volta in modo rigorosamente scientifico la storia e l’origine di Mazzè, chiudendo definitivamente l’epoca delle supposizioni. Nel pubblicare il saggio, l’Associazione culturale F. Mondino, ebbe l’indubbio merito di iniziare una nuova fase della storiografia locale, attuando successivamente le ricerche che hanno mutato completamente il panorama storico di questa parte del Canavese. L’opera, a suo tempo edita in un numero limitato di copie, non è in commercio, è però consultabile, assieme ad altre di questo autore, presso la biblioteca comunale. |
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La Capela d'la Mòta ......
di
Corinne von Reding libro fotografico pag. 48 - anno 2011 - Euro 50 E’ veramente curioso che nel paese sia stata edita un’opera di questo livello, ma il caso ha voluto che a Mazzè viva Corinne von Reding, cittadina della Confederazione Elvetica e fotografa di gran talento. Indubbiamente Mazzè deve avere un suo fascino nascosto perché l’artista, avvalendosi per i testi dell’opera di Lilia Mattea, ha prodotto un libro fotografico formato da ben 46 fotografie in bianco e nero, sul tema del restauro della Cappella della Motta, una piccola frazione sulle colline che dominano il lago di Candia. Certamente l’avvenimento non era eclatante, anzi forse era l’espressione di una religiosità di altri tempi, ma gli scatti dell’artista sono tali che la cappella restaurata assurge a simbolo, quasi che occorra uno straniero per farci comprendere quanto siano belli i nostri luoghi. |
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La Stele Megalitica di Mazzè Opuscolo, autori G. Cavaglià, F.M. Gambari, P. Arzarello e C. Cigolini Associazione Culturale F. Mondino, Mazzè anno 1993 pagine 39 La pubblicazione raccoglie le relazioni dei partecipanti al convegno che si tenne nel 1993 a Mazzè, in occasione del completamento di una copia della Stele Funeraria del VI secolo a.C., ritrovata alcuni anni prima nel greto della Dora Baltea. La copia, realizzata su invito della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, è ora situata presso il Museo delle Antichità di Torino, mentre l’originale della Stele Funeraria ha trovato sistemazione, dopo varie vicissitudini, sulla Piazza della Repubblica del capoluogo. Anche in questo caso l’opuscolo, edito a cura della Associazione culturale F. Mondino di Mazzè, non è in commercio, però è consultabile presso la biblioteca comunale. |
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GIORGIO DEI CONTI DI VALPERGA SIGNORE DI MAZZE’
...... di Livio Barengo UN EUROPEO DEL XV SECOLO Saggio storico romanzato Pagine 140, euro 7,70 – anno 1998 E’ la storia dell’avventurosa vita di Giorgio Valperga, conte di Mazzè, figlio di Antonio Valperga detto il Velloruto, snodatasi tra l’ Italia, l’Austria, l’Ungheria e altri paesi dell’Europa centrale, al tempo dell’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo. Nel volume, scritto in occasione della Rievocazione Storica che ricordava questo personaggio, nonostante le ricerche che hanno condotto in Austria, in Ungheria e in quelle che un tempo erano la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, è difficile scindere le parti fantastiche da quelle realmente documentate della vita di Giorgio Valperga. Il motivo è semplice, molte notizie sono dovute alla tradizione familiare della famiglia Valperga, il che non garantisce nulla, salvo che a suo tempo il loro congiunto fosse un personaggio di rilevanza internazionale. Il conte di Mazzè era un condottiero di ventura che, dopo una sorta di apprendistato alle armi, prima agli ordini di Facino Cane, al quale salverà la vita a Milano, e poi del Conte di Carmagnola, viene sconfitto dai veneziani in una delle tante guerre avvenute tra il Ducato di Milano e Venezia. Amareggiato da questi avvenimenti, Giorgio Valperga decide di tornare in Ungheria ed offre la sua spada a Sigismondo di Lussemburgo, a quel tempo re del paese. Il re, appena sconfitto dai Turchi a Nicopoli, accetta di buon grado l’offerta del cavaliere canavesano e Giorgio Valperga legherà la sua vita a quella di Sigismondo divenuto poi imperatore del Sacro Romano Impero, partecipando a tutte le sue imprese, tra le quali la crociata contro gli Hussiti Boemi. Quando nacque il libro, mentre erano conosciute, almeno a grandi linee, le avventure di Giorgio Valperga in Ungheria ed in Boemia, le sue vicende italiane non erano note. Si deve agli estensori del sito web www condottieridiventura.it che anni dopo, redigendo le biografie di altri personaggi dell’epoca, riuscirono a proporre una sommaria sintesi degli avvenimenti che lo avevano visto partecipe in Italia. |
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Ypa, Morrigan Salassa
di Livio Barengo romanzo storico pagine 330 - Euro 16 - anno 2002 E’ difficile per chi non sia canavesano anche solo d’origine comprendere qual è il significato e l’importanza della leggenda di Ypa e del grande lago morenico nell’immaginario collettivo degli abitanti nei paesi rivieraschi della Dora Baltea. Ovviamente “Ypa Morrigan Salassa” si richiama a questo retaggio, ma descrivendo anche epoche successive a quella della mitica regina, quasi che Ypa non abbia mai lasciato queste terre. Nel complesso l’opera è un affresco che si estende per un lunghissimo periodo di tempo, dalla prima Età del Ferro sino a Carlo Magno, e descrive le gesta di personaggi vissuti in momenti che hanno forgiato la storia del Canavese, sino a renderlo quello che noi conosciamo. |
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La Stirpe di Ypa
di Livio Barengo ovvero la nascita del Canavese romanzo storico - pag. 199 euro 10 - anno 2006 Per molti versi questo volume è la prosecuzione di quello dedicato ad Ypa edito quattro anni prima, e racconta avvenimenti avvenuti tra il IX e il XV secolo della nostra era, ovvero il lasso di tempo che va tra la creazione di un Regno carolingio in Italia e la costituzione in Piemonte di un principato governato dai Savoia. A causa di molti fattori che non è il caso di elencare, la veste grafica di quest’opera non è paragonabile a quella del volume precedente, cosicché a suo tempo non ha riscosso il successo che forse meritava. L’opera è stata scritta dopo attente ricerche, cosicché non solo i personaggi rilevanti hanno un loro riscontro nelle cronache del tempo, ma addirittura, in molti casi, anche l’esistenza della gente minuta è storicamente certa. Emblematico è il caso di Giovanni da Cuceglio e Uberto da Mazato, protagonisti dell’episodio titolato “Il Ponte”. I loro nomi compaiono nell’atto di donazione del ponte di Mazzè sulla Dora Baltea, redatto nel novembre dell’anno 1156 tra il conte Guido IV di Valperga e la congregazione dei Pontari, il che non lascia dubbi sulla loro esistenza. Se è concesso formulare un consiglio, si suggerisce di accompagnare la lettura del libro con un manuale di storia medievale, in quando gli argomenti, seppur romanzati, sono trattati dando per scontato che il lettore conosca, almeno per sommi capi, la Storia Europea del tempo. Secolo IX - La stele, ovvero il culto delle pietre. Secolo X – La fortezza, ovvero le invasioni Ungare e Saracene. Secolo XII – Il Ponte, la lotta tra i potentati Canavesani ed il Comune di Vercelli Secolo XIII – I conti di Mazzè. Secolo XV ¬¬- Il Mandylion e la guerra dei 100 anni tra Francia ed Inghilterra. |
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Pietro Monte di
Fabrizio Dassano Pietro Monte resta ancora oggi un personaggio reale e tangibile che rappresenta bene l’indole dei tonenghesi: capaci e perfettamente integrati altrove, ma con il cuore saldamente legato alle origini. Dopo una vita ininterrotta di studi di fisica e matematica seguita alla formazione che lo portò in primis a vestire l’abito dei monaci Barnabiti, Pietro Monte lasciò Tonengo per la formazione a Torino presso il collegio dei Barnabiti di San Dalmazzo, nel periodo pre-unitario per affermarsi come docente di Fisica presso il real collegio Maria Luigia di Parma (dal 1848 al 1855) e poi a conseguire, la cattedra di Fisica al regio Liceo Statale “Niccolini” di Livorno in Toscana dal 1855 al 1888. Parallelamente all’attività di docente, aveva condotto la propria formazione nella meteorologia e nello studio dei sismi. Nacque da Giuseppe del fu Giovanni e da Cristina del fu Matteo Rosso il 21 agosto 1823. Dal 1856, grazie ad un finanziamento dell’Osservatorio Imperiale di Parigi, Pietro Monte installò al Liceo una stazione di registrazione meteorologica per studiare e trasmettere con il telegrafo a Parigi i dati raccolti. Ma nell’ultima fase della sua vita, dopo aver confutato senza successo Mercalli sull’origine dei sismi, si dedicherà alla sua creatura: l’Asilo d’Infanzia di Tonengo. Si mosse in tal senso già dal 1880 pensando ad una struttura per il primo insegnamento molto all’avanguardia: il sistema froebeliano. L’avrebbe creato nella propria abitazione tonenghese, oggi ancora esistente, e aperto ai piccoli tonenghesi il 1° ottobre 1882. Ormai smesso l’abito barnabita, Pietro Monte non ricorse ad insegnanti religiosi, ma bandì un concorso pubblico per un’insegnante laica: la prima maestra vincitrice del concorso fu Laura Gaio di San Giusto Canavese. Il 3 maggio 1888 la Gazzetta Livornese, con cui aveva collaborato fin dal 1874 ogni giorno, pubblicò il suo ultimo resoconto meteorologico. Il giorno dopo Pietro Monte morì improvvisamente. |
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150 tocchi sull'uscio
del Gruppo di ricerca Il titolo del libro trae origine dal racconto introduttivo, che ricorda le tante volte che i carabinieri dovettero portare alle famiglie mazzediesi la terribile notizia della morte di un soldato. In un secolo tra metà Ottocento e metà Novecento, furono ben centocinquanta le occasioni in cui la guerra bussò alle porte delle case del comune di Mazzè. Il volume, di grande formato e di oltre settecento pagine, è stato preparato da un nutrito gruppo di ricerca. Un impegno che ha portato al reperimento di una incredibile mole di notizie riguardanti i singoli Caduti di Mazzè capoluogo e delle frazioni di Tonengo, Casale e Barengo, nonché del comune di Villareggia che dal 1924 al 1946 era stato incorporato in questa comunità. Veniamo così a conoscere moltissime note biografiche riferite a questi uomini, per lo più giovani e giovanissimi, che persero la vita in circostanze tragiche, come purtroppo succede inevitabilmente in tutte le guerre; ma, cosa molto importante, nella maggior parte dei casi sono stati rintracciati i luoghi in cui riposano in pace i loro resti. E a Mazzè ora c’è anche questo libro, scripta manent, che li ricorderà anche quando il tempo avrebbe potuto ridurli all’oblio con quel velo che tutto avvolge e annulla. Guido Forneris (recensione tratta da “Il Canavesano 2011, Bolognino Editore). |
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Terza classe, solo andata
del Gruppo di ricerca (in viaggio con gli emigranti tonenghesi) Un libro che porta il lettore a conoscere le variegate storie di parte degli emigranti di Tonengo e Casale che lasciarono le loro borgate tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. Una preziosa testimonianza, tramandata verbalmente ai nipoti e pronipoti, che permette di ricostruire il tessuto sociale-economico della gente delle due popolose frazioni. Il lavoro è frutto di una faticosa ricerca di persone e fatti tra i ricordi, per lo più ormai sbiaditi, delle famiglie tonenghesi. Un fondamentale supporto per la redazione del libro è stato fornito dai discendenti dei nostri emigrati, ai quali è stato tramandato il grande amore per il Paese dei loro avi. Storie dall’Argentina, dagli Stati Uniti, dalla Francia e da altre lontane parti della Terra, si materializzano nella mente del lettore con lo scorrere delle cinquecentocinquantasei pagine di grande formato. Numerose le vecchie fotografie che aiutano a conoscere meglio i tanti personaggi e le loro odissee. Il volume riporta, in appendice, la storia della formazione dei due nuclei urbani e alcuni momenti della dura vita di metà Ottocento, in particolare l’impatto della terribile epidemia del colera del 1854. |
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Le stelle negli occhi
di Livio Barengo Ricordi di emigranti canavesani nel primo novecento. I motivi che hanno costretto tanti canavesani ad emigrare in Francia alla fine dell'ottocento e primo novecento non sono stati esclusivamente di natura economica, seppure questi abbiano rappresentato la causa principale. Quest'opera mira a descrivere, seppure in forma romanzata attraverso quattro diversi episodi basati su fatti realmente accaduti ed uniti tra loro dal filo dei ricordi dell'autore, le problematiche che i nostri progenitori emigranti hanno dovuto affrontare e subire, in quanto immigrati, nel nuovo paese di adozione. |
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Mazzè porta del Canavese
di Livio Barengo La grande storia di un piccolo paese ( illustrazioni di Anna Actis Caporale ) Il saggio tratta sostanzialmente della particolare storia di Mazzè, dovuta alla sua posizione a salvaguardia dell'attraversamento della Dora Baltea. Le vicende non sono viste a livello locale, ma nell'ambito dei potentati di cui il paese ha fatto parte nel corso dei secoli, a partire dai Salassi sino a giungere alla II Guerra Mondiale. L'opera è composta da 13 capitoli e da cinque appendici, nelle quali si parla di aurifodine, delle chiese del capoluogo, delle frazioni, di Facino Cane e Giorgio Valperga a cui segue l'elenco dei parroci e dei sindaci che si sono susseguiti nel tempo. Il testo è corredato dai disegni realizzati da Anna Actis Caporale che rappresentano le evenienze più importanti di questo Comune canavesano e dalle fotografie dei reperti archeologici ritrovati negli ultimi anni. |
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Li ho disegnati così di
Luigi Formia Piccoli fatti quasi dimenticati degli anni "90 in Canavese" Il libro raccoglie 160 vignette disegnate per il settimanale IL CANAVESE nel periodo di collaborazione dal 1991 al 2003 e quasi tutte pubblicate. Sono disegni con tono umoristico-caricaturale riguardanti fatti di vario genere, avvenuti in quegli anni in Canavese, che sono stati oggetto di articoli sul giornale e che hanno destato curiosità attenzione e anche preoccupazione in quel periodo. Le vignette sono riportate in ordine cronologico e ciascuna è accompagnata da una sintetica descrizione per il collegamento al fatto al quale è riferita in modo da formare una piccola cronaca locale illustrata. Nei disegni compaiono anche persone che hanno avuto in quegli anni notorietà per incarichi pubblici e per la partecipazione da protagoniste ad importanti manifestazioni che annualmente si svolgono nelle nostre zone. Questo libro segue e si affianca a quello già pubblicato nel 2014 dal titolo "Li ho visti così". Politici e Amministratori Canavesani degli anni "90, che raccoglie le vignette con i personaggi più importanti delle vicende politiche ed economiche della nostra zona. In questo modo completo, con caricature e vignette, una personale presentazione di avvenimenti e persone che hanno caratterizzato per un decennio il Canavese. |
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Li ho visti così di Luigi Formia Politici e Amministratori Canavesani degli anni "90 L'idea di questo libro è nata ordinando gli schedari con gli originali delle vignette disegnate per il settimanale "IL CANAVESE" a partire dal "91 fino al 2003 per evitare di lasciarle nascoste e chiuse in un armadio. Sono disegni a matita su carta bianca relativi a fatti e personaggi che in quel periodo hanno caratterizzato l'area canavesana. Diverse vignette sono state pubblicate collegate ad articoli riguardanti fatti talvolta curiosi e con protagonisti conosciuti in Canavese, altre sono state collocate nello spazio del giornale dedicato all'umorismo ed infine alcune vignette sono inedite. Il libro riporta le vignette in modo da ricostruire una piccola cronaca illustrata di un breve periodo in Canavese. Le persone che compaiono sono politici e amministratori canavesani in buona parte sindaci, ma anche altre figure importanti nel campo economico e sociale di quel periodo, alcuni di loro non sono più tra noi. I personaggi più presenti in quegli anni sul giornale, compaiono in diverse vignette come sintetizza l'indice finale. Ho cercato di realizzare i bozzetti caricaturali semplici e bonari con rispetto per le persone pur con un normale pizzico di ironia. Credo che tutti gli interessati si siano riconosciuti senza offesa, sin dalla pubblicazione delle vignette sul giornale, nelle situazioni presentate e in ogni caso rivolgo a tutti un saluto. |
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"C'eravamo tanto odiati" Serafino Anzola, detto "Giribola" ..................Della Signoria Vostra Illustrissima e Reverendissima, Devotissimo ed Obbligatissimo Servo ovvero L'Almanacco Tonenghese delle ottocentesche tribolazioni nell'irrequieta Parrocchia di San Francesco di Assisi delle borgate di Tonengo e Casale, fini di Mazzè. |
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Il conte e il giacobino di
Livio Barengo
pag 163 anno 2019 Il romanzo è ambientato a Mazzè, in Canavese, alla fine del XVIII secolo e i protagonisti sono realmente esistiti. Non si hanno notizie certe delle vicende raccontate, ma queste, essendo tracciate sulla falsariga di quanto conosciuto della personalità dei protagonisti, le rende verosimili. In estrema sintesi si raccontano fatti che molto probabilmente sono realmente avvenuti. Lo scopo è di far conoscere in modo scorrevole al lettore la storia del periodo napoleonico in Canavese, un tempo di grandi sommovimenti sociali ed economici estremamente importante per comprendere l'attualità. |
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