Il Castello |
Nel corso del X secolo, per la costante minaccia delle scorrerie ungare le persone che popolavano gli antichi abitati d'origine romana di Mazato (Mazzè), Ulliaco (Villareggia), San Pietro ed Arriaco (Ar di Caluso) e forse anche altre provenienti da paesi più lontani, abbandonarono le loro abitazioni e ripararono nella fortezza contadina costruita alla sommità della collina di San Michele, forse già ospitante una cappella dedicata al martire Gervasio. Alcuni di questi borghi, come San Pietro ed Ulliaco, furono totalmente abbandonati mentre altri,quali Mazato ed Arriaco lo furono solo parzialmente, tanto che se ne ritrovano tracce nei secoli successivi. All' interno della fortezza non esistevano abitazioni in muratura, in primo tempo il ricovero dei rifugiati era garantito da capanne che solo col tempo divennero case, quindi presumibile che i Valperga, la schiatta Che regnò su Mazzè per ottocento anni, sia giunta in paese successivamente, al tempo del disfacimento del marchesato d'Ivrea dopo la tragica vicenda di Arduino. E' sostenibile che a quel tempo a Mazzè non esistesse un castello nel senso che noi oggi attribuiamo a questo termine, ma che la famiglia dei conti Valperga fosse alloggiata in una casaforte all'interno del dongione, baluardo che rappresentava l' ultima difesa della comunità. I Valperga giunsero probabilmente a causa della necessita di presidiare i passaggi sulla Dora, garantire il transito sulle strade e forse per gestire quel che restava dei lavaggi auriferi di Bose tanto che nell'anno 1110 l'Imperatore Enrico IV infeud6 Mazz e la sua castellata composta da Candia, Castiglione, Mercenasco, Carrone e Rondissone a Guido ed Ottone, conti del Canavese, progenitori dei Valperga. Nel secolo successivo l'Imperatore Federico II di Svezia concesse ai Valperga il titolo di conti di Mazzè e la Signoria sulla Dora nel tratto Che attraversava i territori già sotto i loro domini. La documentazione più antica dell'esistenza di un castello a Mazzè fa data al 1317, quando questo termine compare in un atto di riconferma dei feudi tenuti dai Valperga, ma anche in questo caso non chiaro cosa si voglia realmente intendere, in ogni caso doveva al massimo trattarsi dell'edificio chiamato ancora oggi "castello vecchio" più casaforte che maniero. Questa situazione si perpetuo per tutto il XIV secolo, periodo del massimo splendore dei Valperga Mazzè, ed certo che a quel tempo il castello comprendeva la casaforte, un edificio verso sera adibito ad alloggio della servitù, e una cascina verso mezzogiorno, probabilmente alloggio dei castaldi e stalle per l' allevamento del bestiame. Dopo il 1436, con la fine delle diatribe per il possesso del feudo, la cappella del martire Gervasio fu trasformata in chiesa romanico - gotica a tre navate, donando a tutto l' antico borgo, un' impronta di religiosità e di nobiltà, lasciando al popolo ed ai pellegrini l' uso della chiesa di Santa Maria fuori le mura, più agevole da raggiungere perché posta sulla strada che portava al ponte Sulla Dora. Questa situazione si protrasse nei secoli a venire, possibile che nel corso del XVI secolo a Mazzè sia stato ospitato il re di Francia Francesco I, il quale a quanto pare si lamento per la taccagneria dei padroni di casa. Con la fine del medioevo, la situazione economica dei conti di Mazzè divenne sempre più precaria, si pensi che nel corso del XVIII secolo un Valperga Mazzè rivolse una petizione all'Imperatore d'Austria per ottenere un sussidio, stanti la famiglia numerosa e lo scarso reddito che procurava il feudo. Oltretutto, non comprendendo che i tempi stavano mutando, gli ultimi epigoni della dinastia entrarono in lite col Comune, opponendosi ad ogni innovazione, in special modo alla costruzione della roggia derivata dal Canale di Caluso. In questa situazione, tutto il complesso monumentale non poteva che deperire, che alla morte, avvenuta nel 1840 di Francesco Valperga, ultimo conte di Mazzè la situazione era talmente precaria da dubitare che quel che restava del castello sarebbe sopravvissuto. Oltretutto in quegli anni, tutta la cinta fortificata che racchiudeva l'antico ricetto, con la sua ragnatela di stradine e di casette era stata demolita, lasciando posto a ville pretenziose ma senza storia di proprietà della nuova nobiltà dei denari, il che lasciava il maniero privo del tessuto sociale che ne aveva garantito la vita per secoli e ne preannunciava la fine. Fortunatamente i Brunetta d'Usseaux, una famiglia d'origine francese con delle proprietà a Pinerolo e la tradizione di militare al servizio dei Savoia, qualche armo dopo acquistò i ruderi donando a tutto il complesso una nuova vita. In questo periodo è da segnalare nel 1859 la presenza a Mazzè di re Vittorio Emanuele II, venuto al castello col generale francese Canrobert, per osservare i movimenti degli austriaci nella piana vercellese nel corso della II guerra d'indipendenza. Alla fine del XIX secolo, Eugenio Brunetta d'Usseaux, sposatosi con una nobildonna ucraina, decise di trascorrere con la famiglia le estati a Mazzè e diede mano al riattamento di tutto il complesso sotto la direzione dell'arch. Giuseppe Velati - Bellini, allievo del D'Andrade ed esponente di quel movimento neo-gotico che portò al riattamento d'innumerevoli castelli ed alla costruzione del borgo medievale a Torino. Al termine dei lavori i castelli erano diventati due, in quanto anche l'edificio un tempo usato per l'alloggio della servitù, con la costruzione di torri e di merlature assunse l'aspetto di un turrito maniero, cosi come immaginavano fossero i castelli medievali i tanti poeti da strapazzo che si aggiravano sotto i portici di Torino. Ad ogni buon conto presero forma due manieri di fattura squisitamente neo-gotica, con un cortile dotato di una vista stupefacente sul vallone della Dora, ed un parco esteso sino al fiume degno d'ogni ammirazione. Da vedere gli affreschi di stile quattrocentesco di Romolo Bernardi dipinti sul portale d'onore, sulle pareti dello scalone e nella sala del trono. Notevoli gli intarsi eseguiti sempre nella sala del trono, da Carlo Arboletti ed il Camino in pietra costruito dai fratelli Catella. Degni di nota i soffitti nella sala da musica e nel salone gotico delle armi eseguiti dal pittore Giovanni Beroggio. Dopo la morte del Brunetta d'Usseaux, primo ed unico italiano segretario del CIO, i due castelli andarono preda d' ogni sorta d'ingiurie. Di questi anni sono da ricordare le visite del Principe di Piemonte Umberto di Savoia e quella di Benito Mussolini, nel corso di manovre militari. La famiglia Salino, attuale proprietaria del castello, con indubbio gravame economico ha salvato tutto il complesso monumentale dalla rovina, ripristinando i muri di sostegno verso il fiume ed eseguendo altre opere di restauro improcrastinabili. Negli ultimi tempi stato collocato nei sotterranei un interessante museo delle torture, assai apprezzato dagli amanti del genere, II complesso monumentale, dichiarato anni fa monumento nazionale. |
Bastioni all'ingresso Vista da via Valperga Torretta gotica Panoramica del Castello e della Chiesa Parrocchiale |
Vista nei pressi dell'ingresso Il Castello a fine '800 Vista dalla bicocca Vista dal parco antistante |
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