Storia del vino ... Erbaluce |
II vino Erbaluce il prodotto canavesano più caratteristico, tanto da meritare di assurgere a simbolo delle nostre terre, quasi che gli acini dei grappoli prodotti dal suo vitigno fossero dei vellutati mondi in miniatura, degni di essere presentati a
chi non vive in queste terre come sinonimo di perfezione. declivi delle Colline dell'anfiteatro morenico percorso dalla Dora Baltea, dunque il caso di chiarire, per evitare che l'oblio ne cancelli la memoria. II mistero inizia dal Horne Erbaluce, che razza di appellativo mai questo? Com' possibile che un vitigno contenga nel suo Horne la parola erba e chi stato a battezzarlo in questa maniera? Credo che questi siano i quesiti che chiunque si pone quando, dopo aver assaporato il vino e trovandolo di suo gusto, riflette sullo strano appellativo. Si deve premettere che il nome Erbaluce, al di la di leggende che parlano di ninfe ed altri personaggi fantastici, una deriva popolare dell' appellativo Albaluce, parola composta dai vocaboli latini alba (femminile di albus, bianco) e luce (forse per la trasparenza dell' acino), Horne che però non attestato nei menu dei banchetti signorili prima del XVIII secolo, alche sorge il dubbio che sia un appellativo costruito ad arte per conclamare le sue origini antiche. D'altro canto esistono svariati esempi di vitigni contenenti il suffisso "alba”, basti pensare all' Albana di Romagna, ad ogni buon conto non si ritiene che il dilemma sia di facile soluzione, ed inoltre dovrebbe esser sufficiente sapere quale l'esatta etimologia del Horne. Per quanto riguarda l'origine del vitigno erbaluce, si pensato di trascrivere integralmente quanto
pubblicato nel volume "Le origini della viticoltura in Piemonte” di F.M.
Gambari e R. Comba, edito ad Alba nel 1994. "II vitigno Erbaluce, coltivato sui suoli morenici allo sbocco della Valle d'Aosta, pur mostrando aspetti ormai particolari dovuti all'evoluzione locale della cultura ed alle particolari microclimatiche, in sostanza strettamente imparentato al Greco
delle Colline novaresi e delta bassa Valsesia (Fara,Sizzano, Ghemme,
Romagnano, Gattinara, ecc). In effetti, poiché la denominazione Erbaluce appare su attestazioni relativamente recenti, sembra di poter riallacciare tale produzione a quella tipica delle colline moreniche piemontesi del Greco, attestata anche in documenti basso medievali. La definizione di Greco, frequente nelle attestazioni dei banchetti medievali in tutta Italia, ha una sopravvivenza tra gli attuali D.O.C. nel solo Greco di Tufo (prodotto oggi soprattutto nell' avellinese, famoso quello dell' Azienda Agricola Feudi di San Gregorio di Sorbo Serpico), di cui stata ormai dimostrata su basi scientifiche la corrispondenza con il vitigno Aminea Gemella
degli antichi autori latini.
Lo stesso Virgilio dichiara (Georgiche II, 97.98) (vi sono anche le viti Aminee, vini resistentissimi, di fronte ai quali stanno in rispetto il Tmolio (famoso vino di un monte della Lidia) ed il Re Fanco (vino per eccellenza della punta meridionale dell'isola di Chio). In età romana l'Aminea, coltivata su bassi pergolati a sostegno morto e caratterizzato da un vino con leggeri riflessi Verde - chiaro, originaria probabilmente della Campania
(in particolare dell' area flegrea della Valle del Sabato) e diffusa
verso nord da coltivatori etrusco - italici nelle colonie romane a cominciare dal Lazio (in particolare Velletri) e dal borgo di Aminea nel Piceno, da cui probabilmente la denominazione. Presente nel mantovano (per questo Cara a Virgilio) potrebbe essere stata portata in
Piemonte dalla colonizzazione romana, a partire dagli italici
assegnatari di lotti nella centuriazione eporediese (100 a.C.) e messa a
coltura d'opera servile esperta proveniente dalla Gama narbonese (entroterra di Marsiglia), di cui si deve la penetrazione nel tardo latino
del Piemonte e successivamente nel dialetto del termine carasso,
derivato da un termine greco che significa "sostegno di Vite” . In ogni caso è probabile che, proprio per sopperire alla debolezza dei bianchi locali per lo più legati a vitigni di origine selvatica (cime il Solanus delle Alpi Marittime, rinforzato con resina vegetale), sia stata l'età romana ad introdurre in Piemonte gli antenati del Greco e dell'Erbaluce, se non nei primi momenti della colonizzazione al più tardi in piena età imperiale. La distribuzione geografica dell'Erbaluce potrebbe dunque dipendere anche proprio dal collegamento alla colonia eporediese, restituendoci in una tradizione antica,
un'altra testimonianza della storia del nostro territorio.”
Si vuole concludere con una curiosità: l'ultimo epigono della famiglia dei Caras, gente di Mazzè a cui era stato appioppato questo soprannome, un caratteristico personaggio detto "Mini ad Caras" morto in tarda età nel 1999, non supponeva certamente che l'appellativo con cui era chiamato avesse origini cosi illustri. Si è certi di non sbagliare
affermando che se ne fosse stato edotto, ne sarebbe certamente rimasto
sconcertato.
Vitigno
Erbaluce (al 1OO%)
Metodo Vinificazione a temperatura
controllata con ossidazione dei mosti |
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